Desensibilizzazione: imparare insieme a superare la paura
Oggi vorrei spendere due parole in favore del lavoro da terra con il cavallo, spesso sottovalutato e svolto male. Il cavallo è una preda e, come tale, tende a scappare per mettersi in salvo o evitare dei pericoli (chiaramente da lui percepiti come tali). Con il lavoro da terra è possibile fare qualsiasi cosa, dalla semplice comunicazione ai passi laterali su due piste. A tal proposito, vorrei soffermarmi sulla “desensibilizzazione”, ovverossia l’abituazione a determinati stimoli che il cavallo percepisce come pericoli per i quali pone in essere atteggiamenti di difesa.
Ma perché parlo di desensibilizzazione riguardo a cavalli domestici? E’ presto detto. Può capitare a ciascuno di noi di trovarsi in sella nella condizione di fuga del proprio cavallo dopo uno scarto, una sgroppata o una impennata. Nei suindicati momenti spesso si è portati a pensare che il cavallo sia “stupido” oppure “cattivo”, quando in realtà lui sta cercando di dire la sua ma non viene compreso dal suo cavaliere. Questi atteggiamenti sono propri di tutti i cavalli, siano essi domestici o selvatici poiché rientra nella loro natura di “preda”.
Nei momenti in cui il cavallo attua queste difese diventa pericoloso, e non solo per chi lo monta ma anche per se stesso, perciò bisogna limitare questi atteggiamenti per la sicurezza di entrambi.
Il lavoro da terra è fondamentale per la desensibilizzazione a stimoli esterni, non vi è una tecnica vera e propria ma vi sono moltissimi modi basati sulla comunicazione. Infatti, per desensibilizzare un cavallo è anzitutto necessario studiare il suo linguaggio, le sue abitudini e le leggi del branco, i suoi talenti naturali, solamente dopo è possibile approcciarsi ad un lavoro svolto da terra con estrema cognizione.Per fare un esempio, durante il lavoro in maneggio, immaginiamo un cavallo che non si avvicina ad uno specifico punto del campo, magari lui - avendo i sensi più sviluppati dei nostri - ha sentito un rumore dietro la siepe oppure a visto qualcuno muoversi dietro di essa che noi non abbiamo minimamente percepito. In tali casi non è utile sferrargli una frustata per aver scartato in quel punto perché aggiungeremmo il dolore della frustata allo stimolo esterno della siepe, con il risultato che lui assocerà sempre il dolore alla paura ogni volta che passerà in quel punto preciso, avendo sempre il medesimo atteggiamento. In questi casi è più utile, nonchè opportuno, avvicinarsi alla siepe con il cavallo e mostrargli che non c’è nulla di pericoloso. Se il cavallo non si rasserena, allora è necessario avvicinarsi con lui da terra e non in sella, ciò in quanto il cavallo si fida dell’uomo perciò si sente più sereno con una persona accanto. Dopo avergli mostrato che non vi sono pericoli al di là della siepe si può posizionare proprio in quel punto un esercizio, magari con delle barriere, in modo tale che il cavallo venga impegnato mentalmente ad eseguire il lavoro e si concentri su quello, tralasciando la siepe.
I cavalli vanno sottoposti a stimoli progressivi, ovverossia uno per volta, aumentandone le difficoltà gradualmente e solo quando rispondono correttamente e serenamente. Bisogna essere in grado di fare un passo indietro quando è necessario, perciò, se il cavallo non ha superato la paura di quel punto del campo non può essere sottoposto ad un lavoro successivo (per esempio con le barriere) ma è necessario soffermarsi li, lavorando sui suoi stimoli, sulle sue paure fino a quando non le avrà superate, solo allora si potrà progredire con il lavoro chiedendogli l’esecuzione di un altro esercizio.
Chiaramente questo lavoro di desensibilizzazione va svolto prima da terra a longia e dopo a sella, proprio in virtù della fiducia che il nostro cavallo nutre in noi e di un rapporto che si deve necessariamente creare tra i due soggetti, altrimenti non si può parlare di binomio. Il binomio, infatti, è formato da due entità che collaborano tra loro e non da una di esse che costringe l'altra a fare delle cose nonostante le difficoltà causate da stimoli esterni.
Quello pocanzi indicato è solo un esempio di desensibilizzazione attuabile, ve ne sono molti altri che non possono essere descritti in un unico articolo poiché l’argomento è estremamente vasto.
Ciò che è necessario sapere è che ogni cavallo è diverso da un altro e lo stesso cavallo è diverso anche nei propri atteggiamenti da un giorno all’altro, da un momento a quello successivo, motivo per cui le tecniche di desensibilizzazione non sono assolutamente standardizzabili ma devono essere valutate caso per caso, momento per momento.
Il cavallo è un universo di percezioni, sensazioni, emozioni, lui cerca di comunicare con noi, cerca di connettersi con noi, lui cerca di rendersi utile, di essere collaborativo, ma sta a noi studiare il suo linguaggio permettendo che questa splendida connessione si esplichi e crei il nostro universo.