Olimpiadi Story: Il maratoneta italiano? Meglio di no
Ha girato in lungo e in largo l’Europa. E’ andato in America. Si è spinto fino in Australia. Ha parlato con tutti e alla fine il barone Pierre Fredi de Coubertin ce l’ha fatta: le più importanti organizzazioni sportive del mondo sono riunite per la prima volta in un grande convegno internazionale. I temi da dibattere non mancano. Primo fra tutti quello del dilettantismo e del professionismo nello sport. Ma c’è, soprattutto, qualcos’altro all’ordine del giorno. Un progetto che, se realizzato, segnerà una svolta epocale nella storia della cultura e della civiltà dei popoli.
Nell’Aula Magna della Sorbona, a Parigi, regna il silenzio più assoluto. I congressisti seguono con la massima attenzione, parola per parola, l’intervento di Pierre de Coubertin.
l barone ha le carte in regola per sostenere quanto sta esponendo dalla tribuna congressuale. E’ uomo di scienza, Accademico di Francia. Si occupa di pedagogia e ritiene che il tema della formazione delle giovani generazioni sia, mai come oggi, il nodo centrale per il progresso delle società. Il mondo sta cambiando con una velocità impressionante.
La rapida evoluzione del sistema industriale ne è la rappresentazione più evidente. La produzione della ricchezza avrà sempre meno bisogno di braccia e sempre più necessità di cervelli. La scienza e la tecnica hanno innescato processi di sviluppo economico irreversibili che produrranno livelli di competizione e selezione sempre più aspra fra gli uomini. Ne deriveranno pesanti contraccolpi sul piano dei rapporti fra le classi sociali. L’aggressività che coverà negli animi degli emarginati, costituirà un serio rischio per l’intero sistema. Sarà di vitale importanza, allora, trovare i modi per incanalare le tensioni e le ostilità sociali verso forme di partecipazione collettiva nelle quali ogni differenza di censo e di ceto venga annullata da comuni e più alte passioni.
La diffusione dello sport a livello mondiale è la chiave che aprirà la porta ad un nuovo sistema di convivenza planetaria. Le competizioni sportive e il tifo popolare saranno, dunque, i cardini della civiltà del futuro. Per queste ragioni occorre da subito cominciare a celebrare lo sport con un evento la cui portata internazionale sia capace di catalizzare l’attenzione di tutti i popoli.Dopo un attimo di disorientamento, dalla platea si leva un lungo, caloroso applauso.Oggi, 23 giugno 1894, dalla Sorbona di Parigi risorgono, dopo più di 1500 anni, le Olimpiadi.
Prima di sciogliere la seduta, viene istituito il Comitato Olimpico Internazionale. Il barone de Coubertin ne assume la segreteria generale e il greco Demetrius Vikelas la presidenza onoraria.DUE ANNI di preparativi e il gran giorno arriva. Il 6 aprile del 1896, ad Atene una folla di 70 mila persone acclama l’inizio della prima Olimpiade dell’era moderna. Atleti europei, americani e australiani saranno i protagonisti delle gare in rappresentanza di 13 Nazioni. L’Italia non c’è. E non c’è perché…
Un giorno il direttore del giornale milanese ‘La Bicicletta’, si vede arrivare in redazione un tizio. Dice di chiamarsi Carlo Airoldi e di mestiere fa l’operaio in una fabbrica di cioccolato.
"Tanto piacere- gli fa il direttore- cosa vuole"?
"Voglio partecipare alle Olimpiadi di Atene".-
"Bravo. Auguri. Ma io che c’entro?"-
"Cerco uno sponsor. Non mi serve molto. Solo lo stretto indispensabile per arrivare a piedi fino ad Atene. Tutto calcolato: 70 chilometri al giorno e arriverò in tempo per l’iscrizione alla gara di maratona. Se voi mi sostenete per la pura e semplice sopravvivenza, io in cambio posso farvi avere notizie su quel che accade durante i giochi."
Per il giornale, ragiona rapido il direttore, sarebbe proprio un gran bel vantaggio avere un corrispondente sul posto. Se poi a questo squinternato gli basta davvero poco come dice, l’affare si può concludere. Un stretta di mano e l’accordo è fatto.
Carlo Airoldi non è matto. Non tutti sanno che è un podista di livello nazionale. E anche internazionale. Nella Lecco-Milano del 1892 è arrivato primo. Ha vinto anche una Milano-Torino. Per non dire, poi, della Torino-Parigi-Barcellona del 1895. 1050 chilometri in 12 tappe: un trionfo. Un trionfo ancora più esaltante perché ha battuto un avversario formidabile come il francese Louis Ortegue. Una vittoria che sa addirittura di eroismo.
Fino a qualche centinaia di metri dal traguardo la partita fra Airoldi e Ortegue è ancora tutta aperta. Ma di colpo Ortegue schianta in terra. E’ sfinito. Per lui la corsa è finita. Airoldi lo raccoglie, se lo carica sulle spalle e taglia il traguardo.
Davanti alla giuria esterrefatta e incredula, dice: “Io sono arrivato primo e questo che è con me è secondo”. Airoldi ha dato prova dell’esistenza di un antagonismo che sa essere anche leale e fraterno. E’ questo spirito che il comune di Barcellona intende onorare, riconoscendo ad Airoldi un premio in denaro. Che, però, caro gli costerà ad Atene.
Airoldi, pur di gareggiare, è pronto a sfidare tutti. Sfida anche Buffalo Bill, che alla fine del 1895 è in Italia con i suoi spettacoli. La competizione consiste in una corsa di 500 chilometri, lui a piedi e il cow-boy a cavallo. Ma non se ne fa niente, perché il buttero dell’Iowa, nonché sterminatore compulsivo di bisonti, di cavalli ne pretende due. La pretesa di essere sempre loro a dettare le condizioni, è un vizio che gli americani proprio non si riescono a togliere.
Dopo 28 giorni, Airoldi arriva puntuale ad Atene. Si presenta per l’iscrizione. La maratona è la sua specialità. E’ sicuro di vincere a mani basse. Colpo di scena: gli sbattono la porta in faccia. Niente iscrizione. Non può partecipare alla maratona perché è un professionista.
Ma non è vero, ribatte il camminatore solitario.
Invece si che è vero, insistono quelli dell’ufficio iscrizioni: a Barcellona ti sei fatto pagare.
Niente affatto, replica lui, quel denaro è stato solo un riconoscimento a parte, non c’entrava niente con la gara.
Non importa! Sempre soldi sono, rispondono i burocrati, irremovibili. Alle Olimpiadi partecipano solo i dilettanti. Così ha deciso il Comitato Olimpico.Ma io sono un dilettante. Per vivere faccio l’operaio.Fatti tuoi. Tu qui non corri. Punto e chiuso.AIROLDI è avvelenato. 70 chilometri al giorno per 28 giorni. Tutti a piedi. Per correre alle Olimpiadi avrebbe fatto il giro del mondo in ginocchio. E questi lo cacciano via come un appestato.
Ma è davvero questa la ragione dell’esclusione? Sicuro che non sia una manovra per…?
Si dice che a pensar male si fa peccato, però qualche volta ci si azzecca. Insomma, ad un malpensante il dubbio potrebbe venire. Ma fondato su cosa? Mettiamola così. Non è che la Grecia in queste Olimpiadi abbia sfigurato. Però non ha fatto neanche granché di meraviglie. Piuttosto sono stati gli americani a far man bassa di medaglie d’oro, soprattutto nelle gare di atletica. Il mezzo fondo, poi, l’ha vinto addirittura un australiano.
Ora il punto è che la maratona, la gara più importante di tutti i giochi, quella che richiama le glorie dell’antichità, nonché quella che chiude le Olimpiadi, deve essere vinta a tutti i costi da un greco. E’ un punto di onore.
Questo Airoldi, una certa fama ce l’ha. Non è un maratoneta. E’ un locomotore! Su i 40 chilometri ha un record personale di 2 ore e 40 minuti. Insomma, il rischio che possa prendersi l’alloro è reale. Meglio evitare. L’equivoco di Barcellona viene proprio a fagiolo.
La maratona se l’aggiudica il greco Louis Spiridon con un tempo di 2 ore e 58 minuti.Carlo Airoldi sarebbe arrivato 18 minuti prima.