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Nell'atroce invasione dell'Ucraina, che stermina civili e animali, i cavalli come arma da battaglia non compaiono. Questo erbivoro, sostanzialmente mite, che nei millenni ha accompagnato l'uomo nelle sue attività più cruente - pensiamo alla guerra e alla caccia - è ormai superato dalla tecnologia. E c'è un film, del 1954, di Francesco De Robertis, intitolato "Carica eroica" che ricorda la carica del reggimento Savoia Cavalleria
Dove ci porta il grigio che al galoppo traversa le campagne attorno ad Arezzo, montato da una controfigura della bella Vanessa Incontrada, nei panni della vicequestore Fosca Innocenti, protagonista dell'omonima fiction diretta da Fabrizio Costa? Ci porta verso un grosso branco di cavalli di celluloide. Cinquanta in tutto. Si, perché questa è la cinquantesima rubrica che scrivo per Cavallo 2000. E mi sembra un traguardo da festeggiare allungando, per l'occasione, lo sguardo anche ai tanti cavalli che sono apparsi nelle nostre fiction televisive.
Un'amazzone, immobile con il suo cavallo nel bel mezzo delle rotaie di un treno che arriva a tutta velocità. Incuranti dei fischi imperiosi del capotreno, la donna e la sua cavalcatura non si muovono. E il treno, miracolosamente, riesce a fermarsi a qualche metro da loro. Senza che nessuno dei due abbia un solo fremito di paura.
Un pianoforte a coda sulla battigia, lambito dal mare. Nessuna spettatrice che abbia visto "Lezioni di piano" può dimenticare quella scena, divenuta il biglietto da visita di una grande regista, l'australiana Jane Campion. Che all'ultimo festival del cinema di Venezia dello scorso settembre guadagna il Premio speciale alla giuria, con un western intitolato "Il potere del cane".
Dieci anni fa, il 15 dicembre del 2011, ci ha lasciato Adriano Capuzzo. Grande cavaliere, grandissimo istruttore, vero gentiluomo, uomo di cavalli inarrivabile.
Poiché nel 2012, primo anniversario della sua morte, con il patrocinio delle sue figlie Flavia e Francesca è stato realizzato un libro che ne raccoglie gli scritti (i cavalieri italiani hanno molta confidenza con i pilieri ma poca con la penna, e lui - ancora una volta - faceva eccezione), sarebbe tautologico ricordarne in questa occasione le qualità, i traguardi, le durezze, le gentilezze.
Cassiera in un supermercato di giorno, barista in un pub la sera. Un marito arreso alla disoccupazione e agli acciacchi, due genitori anziani ed egoisti, i figli adulti e ormai lontani. Molto grigiore, modesti guadagni, poche speranze per Jan Vokes, che abita in un ex villaggio minerario del Galles, lambito dalla risacca economica.
Che progetti può avere una donna in una situazione del genere? Verrebbe da dire "nessuno". Ma non è così: Jan Vokes, ascoltando le chiacchere di un cliente del pub, che sembra saperla lunga sui purosangue....
Succede anche questo, a "Cavallo 2000". Di azzeccare una fantastica triplice (quella formula di scommessa in cui si indicano tre vincitori di tre corse diverse) che riunisce in queste pagine un indimenticabile e straordinario regista come John Ford; una galoppatrice formidabile ma sfortunata di nome Virginia; il più conosciuto e celebrato critico cinematografico italiano, Paolo Mereghetti, firma del "Corriere della sera" e autore dell'insuperabile "Mereghetti", tre volumi con oltre 35mila schede di altrettanti film.
Vorrei, tramite questa rubrica, spedire una supplica a Netflix, una delle piattaforme più potenti dell'intero globo audiovisivo: smettetela di proporre film su adolescenti e cavalli così goffi, insulsi e improbabili, che fanno del male alla qualità dei futuri spettatori, all'idea che un ragazzino può avere del rapporto con un cavallo, e - più in generale - alle aspettative che può offrirgli il mondo dello sport. Anzi, il mondo tout court.