I ragazzi, i pony e un certo agonismo
Cara Maria Lucia, non sono d’accordo con l’articolo pubblicato sulla Tua rivista a Tua firma. Credo ci sia un po’ di confusione tra i comportamenti scorretti dei ragazzi (nel caso delle frustate al cavallo) assolutamente condannabile ed il programma di insegnamento seguito nelle scuole di equitazione dove invece si cerca di trasmettere ai giovani valori quali il rispetto dei compagni di squadra e del cavallo. E’ evidente che il passaggio tra i giochi a cavallo (pony games) e l’agonismo è un passaggio delicato ma se ai ragazzi si è trasmesso il giusto valore della competizione basato sul rispetto dell’avversario e verso il proprio cavallo potremmo assistere ad una bella equitazione.
Per quanto riguarda la cat. di potenza (la cui programmazione è due volte in una stagione) che chiamerei cat. del muro, limitata ad un’altezza di 1,53 per 3 ostacoli di prova più bassi, dunque la stessa altezza dei pony usati, questa è una prova che non stressa i pony più di una categoria cavalli di 1,60 per 20 ostacoli programmata 10 o 15 volte in una stagione. Il superamento del muro di gomma è una prova di coraggio, sia del cavallo che del cavaliere, per questo è molto seguita e, fatto con tutte le cautele per la sicurezza del binomio, non presenta alcuna controindicazione.
Sarebbe un compito della Fei introdurre forme più innovative dal punto di vista della sicurezza dei binomi, il fatto di avere avuto l’iniziativa e aver studiato nel Lazio un muro di lattice come per altro aver programmato corsi sperimentali per i groom negli attacchi per evitare gli incidenti avuti lo scorso anno dovrebbe riempirci di orgoglio o no? Un cordiale saluto.
MASSIMO ARCIONI
Avrei preferito che Massimo Arcioni affrontasse nella sua risposta le vere tematiche di natura etica e psicopedagogica proposte nel mio articolo Rispetto del cavallo, si dice. Spesso, purtroppo è un’espressione che si esaurisce in sé, declamata con l’aleatorità di un principio che pacifica la coscienza di chi non ritiene che, invece, se ne dovrebbero trarre coerenti conclusioni. A cominciare, per esempio, da una rimessa in discussione del concetto di agonismo per come viene trasmesso alle giovani generazioni. Le quali in questo clima rischiano di accostarsi al cavallo come ad uno strumento di competizione che vale solo nella misura in cui si vince.
Dobbiamo, a mio parere uscire dalla vuota retorica del rispetto del cavallo per sporcarci le mani con un dibattito su temi che hanno già cominciato a prendere piede in larga parte dell’equitazione mondiale e, fortunatamente, anche in alcuni ambienti della nostra equitazione nazionale. Quindi i casi sono due: o non sono riuscita a spiegarmi come avrei voluto e dovuto, oppure ciò di cui ho parlato continua ad essere talmente lontano dal modo di procedere della Fise da risultare incomprensibile. Ai nostri lettori darsi la risposta. (m.l.g.)