Sport e Costituzione, Il valore sociale degli sport equestri
La modifica all’art. 33 della Costituzione Italiana che introduce lo sport tra i diritti dei cittadini, è frutto di un’energica spinta sociale ed è un chiaro segno del cambiamento dei tempi: il legislatore prende atto dell’importanza guadagnata dallo sport negli anni tanto da assumere la connotazione di fenomeno sociale impattante sulla collettività ed in grado di apportare un reale cambiamento grazie alla sua diffusione che porta con sé i valori che lo sorreggono; per questo gli viene riconosciuta una funzione sociale vera e propria (esplicitata nell’aggiunta all’art. 33 “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme”): questa in realtà si intreccia con il valore educativo in quanto la formazione sportiva plasma le capacità relazionali (e quindi anche sociali) fungendo da strumento di inclusione ed educando all’appiattimento delle differenze sociali quali colore della pelle ed estrazione; l’equitazione in particolare educa all’uguaglianza anche in termini di sesso non possedendo distinzioni di categoria tra uomini e donne e potendo essere praticata da larga parte della la popolazione, senza distinzione d’età seppur con modalità differenti.
In termini di aderenza ai valori sociali, riflettiamo inoltre sul fatto che, l’azione sportiva in genere, si espleta sempre attraverso capacità relazionali che pongono l’individuo in comunicazione con i compagni di squadra o con l’avversario; nel caso degli sport equestri il cavaliere deve predisporsi ad una comunicazione interspecifica con il cavallo, compagno di binomio di diversa specie, verso il quale le capacità relazionali devono essere particolarmente sviluppate per poter giungere ad azioni congiunte congrue ed efficaci.
I valori socialmente condivisi di cui lo sport può farsi veicolo posseggono un’efficacia esponenziale se si considera che nella maggior parte dei casi vanno miratamente in direzione del fulcro dell’impianto sociale che è la famiglia: lo sport di base, infatti, con numeri che rappresentano la grande maggioranza dei praticanti, coinvolge principalmente le famiglie, dirigendosi in larga parte sui giovani e, con un meccanismo a pioggia, sull’ambito familiare. Veicolo insostituibile di valori fondamentali alla base della società quali il rispetto (della persona e delle regole), la solidarietà, l’abnegazione, lo spirito di sacrificio, lo sport è in grado di modellare al suo interno ed esportare all’esterno del suo perimetro quanto assorbito dai singoli individui in termini di competenze sociali, fungendo così da generatore e propagatore di valori sociali.
Rilevanza particolare in ambito di valore sociale ed equitazione, va data all’impiego del cavallo sportivo con la disabilità su due diversi versanti: sport adattato ed inclusione. Sul concetto di sport adattato, ricordando che le persone con disabilità sono parte integrante della società alla quale oggi la Costituzione garantisce il diritto allo sport, possiamo dire che è chiaro che il settore dedicato deve essere in grado di soddisfare la richiesta: esistono oggi numerose scuole di equitazione adattata sia sotto l’egida della FISDIR (Federazione Disabilità Intellettiva e Relazionale) che sotto quella della FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) o di alcuni EPS (Enti di Promozione Sportiva); alcune hanno raggiunto livelli di eccellenza sia in ambito paralimpico che in quello della disabilità mentale. Troppo poche invece sono ancora le realtà che praticano un’equitazione inclusiva: la materia richiede competenze trasversali e, naturalmente, molto impegno nella formazione, ma la propensione alla comunicazione e il potenziamento delle competenze metacognitive necessarie nella pratica degli sport equestri, conferiscono a cavalieri e amazzoni un vantaggio e un potenziale rilevante rispetto alle logiche di inclusione sociale perseguibili in ambito sportivo.
Nella teoria dunque è possibile costruire ambiti in cui le persone possano essere paragonate solo per le loro competenze tecniche superando così altre peculiarità e restituendo a ciascuno un posto da titolare nella società tutta; in quanto alla pratica, l’ambito sportivo in genere può fare molto ed il legislatore lo ha riconosciuto esplicitandolo nella Costituzione: a noi fare l’ulteriore passo nel riconoscere agli sport equestri delle potenzialità spiccate in ambito sociale e soprattutto nel dargli seguito con una fase attuativa.
Gli sport equestri ci offrono una seconda prospettiva di lettura del valore sociale dello sport citato nella Costituzione; un livello di lettura tanto specifico quanto forse scontato nel nostro particolare ambito sportivo che fa dell’intesa con un animale il suo plus. La presenza e l’interazione con un animale, infatti, sostiene un altro aspetto sociale, quello che riconosce l’alterità animale ed un suo ruolo preciso accanto all’uomo; se è vero che ai pets viene riconosciuta una funzione di aiuto sul piano emotivo per il singolo e per il nucleo familiare, è anche vero che il cavallo ha dato prova di altrettanto peso su questo ed altri piani, confermando la sua valenza sociale accanto all’uomo: tutto ciò al netto della collocazione del cavallo sportivo (non DPA) tra animali domestici, da compagnia, da affezione o pet che è ancora oggetto di diatribe dal punto di vista normativo e bioetico, ma che comunque non scalfisce il suo stato di essere senziente.
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Sport equestri e disabilità
Nell’era in cui tutte le persone, Costituzione alla mano, hanno diritto a fare sport, gli organismi preposti al governo della materia in Italia sono attualmente 2: CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) per gli atleti senza disabilità e CIP (Comitato Italiano Paralimpico) per gli atleti con disabilità, rispettivamente afferenti agli enti sovranzionali CIO (Comité International Olympique) e IPC (International Paralimpic Commettee).In Italia il CIP riconosce le federazioni paralimpiche, le discipline paralimpiche, gli enti di promozione paralimpica e le associazioni benemerite paralimpiche, di cui alcune riconosciute anche dal CONI. All’interno di questo comparto però, possono accedere solo gli atleti con disabilità fisica e non vedenti in quanto classificabili secondo un preciso sistema che consente loro un accesso paritetico alle categorie di gara; gli atleti con disabilità mentale possono ovviamente praticare sport, ma non hanno attualmente accesso alle paralimpiadi e all’iter agonistico che porta a queste.
Negli sport equestri gli enti di riferimento per atleti con disabilità fisica o mentale sono la FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) con il suo dipartimento Paraequestre e Sport Integrati, la FISDIR (Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva e Relazionale), alcuni EPS (Enti di Promozione Sportiva) che hanno aperto settori di equitazione sportiva per atleti disabili ed il SOI (Special Olympics Italia).
L’inclusione negli sport equestri rimane attualmente una chimera, un obiettivo lontano con cui solo alcune virtuose realtà si sono misurate dimostrandone la fattibilità, ma anche la difficoltà.
Gli IAA (Interventi Assistiti con gli Animali), conosciuti in precedenza nella sfera equestre come ippoterapia, non fanno parte dell’ambito sportivo tanto da essere normati separatamente dal Ministero della Salute e non da un organismo sportivo.